Pietro Grasso in ordine alla sua “autorevole/autoritaria” decisione di costituire il Senato parte civile contro il processo a Silvio Berlusconi, ha affermato: “Nessuna persecuzione. Non è mai successo? Certo, è la prima volta che c’è un processo del genere“
Il presidente del Senato, pertanto ha usato quell’aula come un’aula di tribunale, nella quale ha deciso di costituirsi parte civile contro Berlusconi accusato di «compravendita di senatori», per far cadere nel 2008 il governo Prodi. Certo, di diritto l’ultima parola spettava a lui, e l’ha usata come una “ghigliottina”, in modo “chiaro e democratico” ha ribaltato di fatto la decisione del Consiglio di Presidenza, che con 10 voti contrari e 8 a favore, aveva negato la costituzione di parte civile del Senato nei confronti del leader di Forza Italia.
Ma vediamo i fatti. E’ giusto parlare della compravendita di «senatori» al plurale? NO, infatti la questione riguarda un unico senatore: Sergio De Gregorio.
Fu la presunta “compravendita di un senatore” che fece cadere il governo Prodi nel 2008?
Il senatore De Gregorio dell’Idv non transitò in Forza Italia alla vigilia del voto che costrinse Prodi alle dimissioni. De Gregorio fece la sua scelta all’inizio della legislatura cominciata nel 2006 (il 25 settembre 2006) e dunque, da allora partecipò a decine di votazioni anche di sfiducia al governo, che non ebbero il potere di fa cadere Prodi finché non accadde “il fatto” interno, un fatto politico. Fu l’allora ministro della Giustizia Clemente Mastella la causa del capolino del centro sinistra; quando scoprì che sua moglie si trovava iscritta nel registro degli indagati. Mastella mandò al diavolo Prodi e tutto il centro sinistra, provocandone la caduta, in aula. Si vuol far credere che in quell’occasione il voto singolo del senatore De Gregorio fu determinante nel far cadere Prodi?.
In merito agli occorsi, sottoscrivo e riporto le parole di Aldo Guzzanti da “il giornale”. – Neanche la famosa sentenza definitiva della Cassazione ha perforato il comune sentire di milioni di italiani, perché purtroppo, tutti noi sappiamo che il nostro è un Paese figlio di un dio minore e che tra i nostri diritti quello meno onorato è il diritto alla giustizia.
Motivo per cui, di fronte alla sentenza di condanna di Berlusconi, gli italiani si dividono in due: quelli che stappano champagne e quelli che negano qualsiasi valore di verità a quella stessa sentenza. Entrambi gli schieramenti in cuor loro sentono che quella è stata una sentenza politica e la vivono come tale. Questo è un danno collaterale enorme che il Paese si trascina dietro e in cui marcisce la fiducia dei cittadini nei confronti dello Stato.
In questo scenario il presidente del Senato insiste, anzi aumenta il carico della sfiducia con un gesto aggressivo e colpevolista prima del processo, francamente di parte e fazioso.
Il risultato inevitabile è che la parte di opinione pubblica che si sente ingannata dalla giustizia e dal giustizialismo, anche in casi assurdi come questo della «compravendita dei senatori», si stringerà politicamente dalla parte del leader del centro destra italiano. E forse soltanto così giustizia sarà fatta.