L’ordine del comandante in capo di questa operazione, ovvero il presidente degli Stati Uniti e premio Nobel per la pace Barack Obama, è ormai questione di giorni/ore. Ma, prima di capire a cosa potrà portare questo intervento, è opportuna una riflessione sulle vere motivazioni e sulle possibili conseguenze di un simile intervento.
Jay Carney, portavoce della Casa Bianca, dichiara: “Le opzioni che stiamo considerando non riguardano un cambiamento di regime”. Dalla Russia la dichiarazione di Vladimir Putin: “la Siria non è argomento all’ordine del giorno” del G20 di San Pietroburgo, che si sta tenendo in questi giorni.
Ma si può “punire” bombardando un Paese come la Siria? Quali gravi conseguenze per la regione? Quale logica ha tutto questo?
Dunque, solo un deterrente, una punizione senza annientare Assad ed il suo esercito, colpire ma non distruggere. Eppure, non tanto tempo fa, gli Usa dichiaravano che il futuro della Siria non può comprendere Assad. Cosa è accaduto in così poco tempo? In quanto alleati, gli italiani sono a vario titolo coinvolti nell’eventuale attacco alla Siria?.
L’attacco annunciato è stato organizzato già da tempo, perché non si organizza in pochi giorni un attacco esemplare, che potrebbe sfociare in un coinvolgimento mondiale. Ma si conoscono tutti gli obiettivi specifici, che missili Tomahawk delle portaerei americane dovrebbero disintegrare?
Secondo Israele, vi sono almeno diecimila uomini sul campo che rispondono agli ordini di Al Zawahiri (numero uno di Al Qaeda), e che sono pronti a sfruttare la deposizione manu militari di Assad per fare del Paese una loro base permanente. Questo nessuno lo desidera, né l’Occidente né l’Oriente.
I paesi occidentali hanno manovrato dietro le quinte del conflitto attraverso i propri alleati in Medio Oriente, sostenendo di fatto i cosiddetti “ribelli” con lo scopo di scatenare il caos in Siria, uno Stato colpevole di non essere schierato dalla parte degli USA e di essere un elemento di contrasto, insieme all’Iran, ai progetti statunitensi ed israeliani in Asia.
Non soddisfatti di aver sostenuto i gruppi armati dell’opposizione al governo di Damasco, gli Stati Uniti, incitati anche dalla Gran Bretagna e dalla Francia, potenze desiderose di rinnovare il loro passato coloniale, vorrebbero intervenire direttamente nel conflitto, per fornire un sostegno ai “ribelli” in un momento in cui sembrano votati alla sconfitta.
A chi fa comodo la strage di Ghouta? Al governo siriano, ormai in procinto di vincere la guerra contro i “ribelli”, o all’opposizione siriana che vorrebbe scatenare l’intervento diretto degli USA e della NATO? Personalmente sono per una risoluzione pacifica del conflitto, possibile solo se i “ribelli” (col consenso dei paesi che li armano) cessassero la loro aggressione alla Siria. Il Governo e il Parlamento italiano non dovrebbe sostenere interventi armati, ma lavorare per la pace. E intanto, alla chiamata risponde, nel Mediterraneo Orientale già affollato di navi da guerra e sottomarini statunitensi, francesi, russi e turchi, arrivano anche due navi da guerra della Marina italiana. Il cacciatorpediniere lanciamissili Andrea Doria e la fregata Maestrale.