Suicidi: è allarme in Italia, uno al giorno tra i disoccupati

I suicidi in Italia sono in vertiginoso aumento, soprattutto tra gli uomini; di media, un caso al giorno tra i disoccupati. Questo è quanto emerge dall’indagine dell’Eures, (Ricerche Economiche e Sociali), ”Il suicidio in Italia ai tempi della crisi. Caratteristiche, evoluzioni e tendenze”.

Suicidi: è allarme in Italia, uno al giorno tra i disoccupati

In Italia, si legge su ASCA che riporta i dati dell’Eures, è emerso che sono stati 2.986 i suicidi commessi nel corso del 2009 (ultimo anno censito), con un aumento del 5,6% rispetto all’anno precedente (2.828 i casi nel 2008).

L’incremento registrato investe sia la componente femminile della popolazione (+1,6%, con 643 casi rispetto ai 631 del 2008), sia soprattutto la componente maschile (+5,6%, passando da 2.197 a 2.343).

Ciò che caratterizza il fenomeno suicidario in questi ultimi anni, è l’effetto forte ed interdipendente con la crisi economico-occupazionale: sono stati infatti 357 i suicidi compiuti da disoccupati nel 2009, con una crescita del 37,3% rispetto ai 260 casi del 2008, generalmente compiuti da persone espulse dal mercato del lavoro.

Un ulteriore indicatore del rapporto diretto tra il fenomeno suicidario e la crisi, è rappresentato dal numero dei suicidi per ragioni economiche (dove è possibile stabilire una lettura univoca del ”movente”), che raggiunge proprio nel 2009 il valore più alto degli ultimi decenni (198 casi, con una crescita del 32% rispetto ai 150 casi del 2008 e del 67,8% rispetto ai 118 casi del 2007).

Da un più recente sondaggio, sale a 238 il numero complessivo dei suicidi per motivi legati alla crisi economica, registrati in Italia nel biennio 2012-2013, scrive Finanza.com. Sono questi gli ultimi dati resi noti da Link Lab, il Laboratorio di Ricerca Socio-Economica dell’Università degli Studi Link Campus University, che da oltre due anni studia il fenomeno e che adesso pubblica i dati complessivi di un’attività di monitoraggio avviata nel 2012.

“Dietro al tragico gesto – dichiara Nicola Ferrigni, docente di Sociologia della Link Campus University e direttore di Link Lab – vi è un sistema Paese che fatica a trovare soluzioni a problemi ormai divenuti insormontabili: perdita del lavoro, impossibilità di pagare l’affitto o la rata del mutuo, debiti accumulati, stipendi non percepiti, tasse, bollette da pagare. Con il solo stipendio, quando questo arriva, si riesce a stento a far fronte alle spese ordinarie come quelle per affitto e utenze domestiche”.

“D’altra parte – prosegue Ferrigni – dalle ultime analisi, l’Istat continua a lanciare segnali preoccupanti: l’Istituto Nazionale di Statistica rileva infatti che il reddito delle famiglie italiane in valori correnti diminuisce in tutte le regioni italiane”.

Il 40% dei suicidi registrati nel 2013 è avvenuto nell’ultimo quadrimestre (non è iniziato meglio il 2014). Dopo i mesi estivi, il numero dei suicidi per ragioni economiche è salito vertiginosamente: a settembre 13 episodi registrati, il mese di ottobre  conta 16 vittime, novembre 12 casi e nell’ultimo mese dell’anno le vittime sono state ben 18. Nell’ultimo quadrimestre del 2013 quindi, i suicidi riconducibili a motivazioni economiche rappresentano circa il 40% del totale registrato nell’intero anno.

Un suicida su due è imprenditore, ma in un anno è raddoppiato il numero dei disoccupati suicidi. Triplicato anche quello degli “occupati”. Circa un suicida su due (45,6%) è imprenditore (68 i casi nel 2013, 49 nel 2012) ma, rispetto al 2012, raddoppia il numero delle vittime tra i disoccupati: sono 58, infatti, i suicidi tra i senza lavoro nel 2013, numero che risulta più che raddoppiato rispetto al 2012 quando gli episodi registrati sono stati 28.

Così come sono quasi triplicati, rispetto al 2012, coloro i quali, seppur in possesso di una occupazione, si son tolti la vita perché stretti nella morsa dei debiti a causa molto spesso di stipendi non percepiti: 7 i casi registrati nel 2012, 19 nel 2013.

Questo aumento significativo del numero dei suicidi anche tra chi possiede un lavoro, è indice di un Paese che non solo non riesce a dare soluzioni ma che spegne qualsiasi speranza per il futuro.

Il fenomeno non conosce più differenze geografiche: al Sud come al Nord. Rispetto al 2012, quando il numero più elevato dei suicidi per motivi economici si registrava nelle regioni del Nord (27 casi con un’incidenza percentuale pari al 30,3%) – area geografica a maggior rischio di suicidio tra gli imprenditori a causa della maggiore densità industriale – l’analisi complessiva dell’anno 2013 sottolinea come il fenomeno sia andato uniformandosi a livello territoriale interessando con la stessa forza tutte le aree geografiche.

Persino nel Mezzogiorno dove il tasso dei suicidi per crisi economica è sempre stato storicamente più basso rispetto alla media nazionale, vi è stato un allarmante aumento del numero dei suicidi: 13 i casi nel 2012 a fronte dei 29 del 2013.

Nel 2013 il numero più elevato di suicidi per ragioni economiche si è registrato nel Nord-Ovest che vede triplicato il numero delle vittime che passa da 12 dell’anno 2012 a 35 nel 2013. A seguire le regioni centrali con 33 casi (22,1%) a fronte dei 23 del 2012 (25,8%) e il Nord-Est con 32 (21,5%) a fronte dei 27 del 2012. Sono invece 19, i casi di suicidio registrati nelle Isole (14 nel 2012).

La crisi interessa strati sempre più ampi della popolazione. Nel 2013, così come nel 2012, la crisi economica, intesa come mancanza di denaro o come situazione debitoria insanabile, rappresentano la motivazione principale del tragico gesto, è all’origine dei 108 suicidi (72,5%) nel 2013, a fronte dei 44 del 2012. La perdita del posto di lavoro continua a rappresentare la seconda causa di suicidio: 26 gli episodi registrati, in aumento rispetto al 2012. Ad incidere inoltre sul tragico epilogo, i debiti verso l’erario (Equitalia): 13 le persone che nel 2013 si son tolte la vita a causa dell’impossibilità di saldare i propri debiti nei confronti dello Stato.

Tali dati indicano come gli effetti della crisi economica interessino strati sempre più ampi della popolazione e quindi non più solo riconducibili alle difficoltà economiche degli imprenditori o di chi perde il posto di lavoro”.

E i tentati suicidi? Preoccupante e significativo, quasi raddoppiato il numero dei tentati suicidi rispetto al 2012. Sono infatti 86 le persone che nel 2013 hanno provato a togliersi la vita per motivazioni riconducibili alla crisi economica, tra cui 72 uomini e 14 donne, contro i 48 casi complessivi registrati nel 2012.

@robylfalco

Pubblicato da Roby

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