La vita e la politica di Cécile Kyenge

Cécilie Kynge è nata a Kambove, nella provincia del Katanga, Repubblica Democratica del Congo, è di etnia Bakunda. La sua famiglia è benestante, il padre, funzionario statale e capo villaggio, aveva 4 mogli e 39 figli.  Dopo le scuole superiori voleva studiare medicina all’università, ma la commissione governativa del luogo non glie lo permette, costringendola ad iscriversi alla facoltà di farmacia, ciò nonostante, contro la decisione della commissione lei frequenta lo stesso dei corsi di medicina. Raccomandata da un Vescovo*, ottiene una delle 3 borse di studio messe a disposizione degli studenti della Rep. del Congo e con questa, può iscriversi e frequentare la facoltà di medicina presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma. Giunge in Italia nel 1983 ma per un disguido è costretta ad aspettare un anno per potersi iscrivere all’università. 

 
Non avendo più la borsa di studio, Cécilie arriva in Italia, in condizioni di clandestinità, solo dopo verrà regolarizzata grazie ad una associazione cattolica* stabilendosi presso un collegio di missionarie laiche a Modena, dove studia la lingua italiana e si prepara per l’esame di ammissione all’università; nel contempo lavora come badante per mantenersi. 
 
Si laurea in medicina e chirurgia all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma e poi si specializza in oculistica presso l’Università di Modena e Reggio Emilia.
 
Nel 1994 sposa Domenico, un ingegnere originario di Tarsia, in provincia di Cosenza, hanno due figlie, Giulia e Maisha, ora, vivono a Castelfranco Emilia. 

Nel 2002 fonda in Italia l’associazione DAWA in lingua swahili, che vuol dire: , ma rivolta al Congo e agli stranieri.
 
Nel 2004 viene eletta in una circoscrizione del comune di Modena per i Democratici di Sinistra e diventa responsabile provinciale del Forum della Cooperazione Internazionale e immigrazione.
 
Nel 2009 è eletta consigliere provinciale a Modena per il Partito Democratico, diventando responsabile regionale delle politiche dell’immigrazione del PD e fa parte della commissione Welfare e politiche sociali.

 

Nel 2010 si fa portavoce nazionale della rete “Primo Marzo“; collabora con enti e associazioni e promuove campagne nazionali sul diritto di cittadinanza per gli immigrati, attaccando la legge Bossi-Fini e i Centri di accoglienza; ha promosso e coordinato il progetto AFIA per la formazione di medici in Congo; con il progetto “Diaspora Africana” ha promosso diritti e cittadinanza degli immigrati Africani; è testimonial nella campagna di sensibilizzazione sull’immigrazione, realizzata dall’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM) di Roma.
 
Il 25 febbraio 2013 è eletta deputato per il PD, in Emilia Romagna. Immediatamente dopo la sua elezione al Parlamento promuove con Pier Luigi Bersani, Khalid Chaouki e Roberto Speranza, la proposta di legge sul riconoscimento della cittadinanza ai figli degli immigrati nati in Italia, il cosiddetto “ius soli”.
 
Il 28 aprile 2013 Cécilie Kyenge, dall’attuale governo Letta, viene nominata ministro dell’integrazione e dopo le dimissioni di Josefa Idem, le viene attribuita anche la delega alle Politiche giovanili.
 
Il 02 luglio 2013 il consiglio comunale di Roccella Jonica, attribuisce a Cécilie Kyenge la cittadinanza onoraria.

Per le sue convinzioni politiche sull’immigrazione, la nomina a ministro è stata duramente contestata da diversi esponenti della Lega Nord.  


Cecile Kyenge, è il primo Ministro di colore in Italia.

Nasce il primo “caso”: il Picconatore di Milano, la Kyenge dichiara: “Non c’è equivalenza tra immigrazione e reati. Le mie condoglianze alle famiglie delle vittime”.


Aggiunge ancora che  “non esiste una equivalenza tra immigrazione e reati, ormai nessuno studio statistico avvalora questo tesi”.

SALVINI scrive: “I clandestini che la Kyenge vuole regolarizzare ammazzano a picconate: le sue parole istigano alla violenza

Il pensiero e le idee della Kyenge durante questa campagna politica sono: “l’Italia è meticcia, cancellare la Bossi-Fini, via il reato di immigrazione clandestina, cittadinanza agli immigrati, immediatezza allo ius soli, apertura all’ingresso in Italia degli immigrati”


In sintesi, nessuna politica Italiana.

L’oculista di Modena Cécile Kyenge, oggi ministro dell’Integrazione, dopo solo una settimana di lavoro, ne ha sparata una dopo l’altra.


Primo giorno di lavoro: “Cancellare la Bossi-Fini”.

Quarto giorno: “Introdurre subito lo ius soli”.


Quinto giorno: “Troppo lunga la detenzione nei centri d’identificazione”.

Sesto giorno: “Cancellare il reato di immigrazione clandestina”.


E le sue congolesi battute, tipo “Balotelli è meticcio”, “l’Italia è meticcia”, “Io sono nera e non di colore”, “Ho 38 fratelli”.

Nessuno gli ha detto che è un ministro senza portafoglio?, ovvero una pianta ornamentale a Palazzo Chigi?  

La Kyenge va avanti con il “suo” programma di politica “straniera”, trovando man forte dall’umanitaria presidente della Camera laura Boldrinie dei vendoliani, che la vedono come il cavallo di Troia nel giovane governo democristiano.


Il presidente del Consiglio Letta, dovrebbe spiegare alla ministra Kyenge, che non è il ministero dell’Interno e che lo ius soli non è di sua competenza, così come la permanenza nei centri d’identificazione temporanea.

Kyenge, si scatenata dopo la visita del Papa a Lampedusa, e a gran voce porta avanti l’idea dello ius soli e dichiara: Dopo il Papa a Lampedusa, avanti con lo ius soli. Sono emozionatissima”.

Subito dopo la visita del Papa a Lampedusa, la ministra Kyenge è invitata alla trasmissione “Porta a Porta” da Bruno Vespa, dove sfoga il suo compiacimento per le parole espresse dal Papa e non riesce a trattenere l’emozione che la spinge ancora di più a dover immediatamente aprire all’immigrazione.

A “Repubblica” il ministro dell’Integrazione Cécile Kyenge, dichiara: “E’ un’emozione grandissima e indescrivibile. Il Papa ha fatto un regalo a chiunque si sia dedicato a questa causa, per una maggiore fraternità, uguaglianza e per una nuova convivenza. Il suo viaggio mi ha trasmesso molti messaggi e spunti da cui partire, anche per poter orientare la nostra ricerca di nuove politiche”.

E ribattendo sul suo chiodo fisso dello ius soli. Va introdotto?, chiede il giornalista di Repubblica: “Certo, c’è bisogno di riflettere ancor di più su quello che stiamo facendo, per ricercare una cittadinanza che sia vera ed esigibile“.

Il web e l’italia intera, si scagliano contro le idee della ministra Kyenge, poiché molti immigrati sono soggetti scomodi persino nei loro Paesi d’origine, arrivano in Italia pensando che sia una nazione ricca e il cui benessere sia un diritto anche loro. Ma di pari passo ai diritti, vanno i doveri: il dovere del rispetto delle leggi, prima di tutto. Questo troppo spesso non avviene. Gli Italiani non sono razzisti: sono esasperati da anni di immigrazione clandestina senza alcuna legge che la regolamenti e la ordini.


Tra capo e collo, giungono parole pesanti da un esponente Leghista; Roberto Calderoli in un comizio dichiara: «quando vedo le immagini della Kyenge non posso non pensare, anche se non dico che lo sia, alle sembianze di un orango».

La ministra Kyenge, ora è diventata una vittima.


Nasce il “caso”.  Le parole dette da Calderoli, diventano oggetto di titoli a caratteri cubitali da parte di media,  i Tg occupano gran parte dello spazio a loro disposizione, tutta la sinistra politica è risentita e chiede a gran voce le dimissionidi Calderoli, anche il Presidente del consiglio Letta lo invita formalmente a dimettersi.

Il parlamentare Calderoli, in Aula a Montecitorio, chiede ufficialmente scusa alla ministra Kyenge e stringendole la mano le promette l’invio di un mazzo di fiori.


Nel frattempo,  il procuratore di Bergamo, Francesco Dettori raccoglie tutti gli articoli di stampa sul comizio e acquisisce l’audio del discorso, apre quindi un fascicolo a carico di Calderoliche affida a due sostituti, Maria Cristina Rota e Gianluigi Dettori. I due magistrati dovranno valutare dal punto di vista giuridico se le parole pronunciate sabato dal parlamentare della Lega siano da considerare diffamatorie e dunque se Calderoli deve essere processato. 

Non ancora soddisfatti della fama della Kyenge, acquisita con il “vittimismo”,  è la volta dell’assessore regionale alla protezione civile del Veneto, Daniele Stival. Sul suo profilo Facebook, Stivalcondivide una foto chiamata «L’Antipolitica» con l’immagine della ministra dell’Integrazione e con la scritta «Siamo profondamente sdegnati per i termini offensivi utilizzati da Calderoli nei confronti di una creatura di Dio quale è l’Orango. Riteniamo vergognoso che si possa paragonare un povero animale indifeso e senza scorta a un ministro congolese».


Quindi, la ministra Kienge, da offensiva verso gli italiani, è diventata “vittima” di offese. A questo punto, non ci resta che un vecchio proverbio da citare “”da carcerieri a carcerati””, W l’Italia.

 

Pubblicato da Roby

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