Per due anni abbiamo assistito agli assurdi compromessi tra le divergenti opinioni dei ministri indiani; chiari i segnali di alterazione di prove, di fatti costruiti a doc, di indagini falsate, tanto da dilungarsi sino ad oggi senza aver pronunciato i capi d’accusa per i due marins. E nostri ministri! Provvedevano a fare “trattative” con l’India per le commesse degli elicotteri di Finmeccanica? Hanno veramente osato usare i Marò come “oggetti” di scambio, per non perdere gli ordini o rischiare di non essere pagati? Ma no, non possiamo crederci, sono solo voci di giornalai…
Ora il futuro dei militari è nelle mani del procuratore generale indiano Goolam Vahanvati, che lunedì prossimo, davanti alla corte suprema, dovrà proferire sui capi di accusa e proporre un processo senza che sia applicata la clausola della pena di morte.
In uno Stato di diritto giuridico, tecnicamente non sarebbe possibile non esercitare una clausola, ma parliamo dell’India, dove ogni cosa è possibile; seguendo la “politica militare” indiana, perché toccati da vicino dal caso marò, abbiamo constatato in questi due anni di processi senza fine, carcere, soggiorno obbligato fino a che punto New Delhi sia capace di forzare e addirittura violare il diritto. Il quadro è drammatico, e finalmente sembra se ne siano accorte anche le forze politiche italiane, che negli ultimi giorni hanno unito le loro voci come in un coro.
Il presidente Giorgio Napolitano è intervenuto a Strasburgo, sottolineando con fermezza che «i due marò non erano in India a pescare ma per una missione internazionale».
Il ministro della Difesa Mario Mauro, ieri ha minacciato le prime contromisure: «La partecipazione italiana a future missioni anti pirateria è legata alla positiva soluzione della vicenda dei marò, che dovrà concludersi con il loro rientro a casa con onore».
La presidente della Camera Laura Boldrini, per la prima volta invia un messaggio all’Ue; in una lettera al presidente dell’Europarlamento, afferma: «la vicenda dei militari italiani riguarda tutta l’Europa».
Il presidente della commissione Difesa del Senato Nicola Latorre, ha ribadito che «non si può svolgere alcun processo in India perché la giurisdizione è di competenza italiana».
Nel coro vocale anche Fabrizio Cicchitto, il quale ieri esortava «ad un coinvolgimento internazionale per il caso marò».
Non mi sorprende invece, che manchi la voce di chi li ha condotti al “patibolo” indiano.
Mi chiedo, perché questi sacrosanti diritti non sono prevalsi due anni fa dai geni della politica? Eppure il popolo ignorante, lo ha urlato a gran voce sin dal primo giorno.
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