Clamoroso: «Noi indiani a fianco dei marò»

Ristoratore di New Delhi raccoglie 10mila firme fra i connazionali in Italia: «Organizzeremo manifestazioni. Vorremmo con noi le mogli dei due marinai»

Clamoroso: «Noi indiani a fianco dei marò»

Indiani a fianco dei nostri marò, convinti della loro innocenza, ad alta voce, ne chiedono la liberazione.

Tutto è partito da Ala, in provincia di Trento, dove Gurwinder Singh, un ristoratore originario del Punjab trasferitosi in Italia, con la famiglia, nel 2006, ha raccolto fra i membri della comunità indiana in Italia 8mila firme per chiedere che le autorità di Nuova Delhi rilascino Salvatore Girone e Massimiliano Latorre. Un’iniziativa clamorosa, inaspettata anche per la stessa diplomazia indiana che ha fatto buon viso a cattivo gioco. Le tantisisme firme sono già portate in India dal padre di Gurwinder Singh, e verranno utilizzate per sensibilizzare il problema da un punto di vista degli «indiani italiani» che saranno chiamati a votare alle prossime elezioni di maggio. Ma dal ristorante che dirige, «Il Ghiottone», Singh annuncia che è pronto a fare ancora di più.

Signor Gurwinder Singh, perché ha raccolto le firme per i nostri marò?

«Non pensavo che avrei avuto questo consenso e non immaginavo che la cosa avrebbe fatto tutto questo clamore. È stato tutto molto improvvisato, tanto da aver raccolto le firme su semplici pezzi di carta. Sono andato nelle zone dove ci sono le nostre chiese frequentate ogni settimane da moltissimi indiani. All’inizio non mi ascoltavano, poi ho fatto loro capire che le cose non stavano come scrivono i quotidiani indiani e che i marò rischiano davvero la pena di morte oppure un processo non equo. Allora hanno cominciato ad ascoltare, a capire la verità e a firmare».

Cosa succederà ora?

«Le firme che, ripeto, sono tantissime, in questo momento si trovano in India. Le ha portate lì mio padre, un agricoltore molto conosciuto e rispettato che svolge anche attività politica. Sono sicuro che le autorità indiane non daranno valore alle firme perché raccolte su semplice carta, perciò ho pensato di agire diversamente».

Agire come? Ha in mente altre iniziative?

«Sì, voglio partire per l’India, appena mi sarà possibile, per organizzare là una manifestazione con il maggior numero possibile di persone. Mio padre si sta già muovendo. All’inizio ero incerto, non ero molto convinto, ma quando ho visto che gli indiani che vivono qui mi ascoltavano e capivano, ho pensato che sarà lo stesso anche là».

Quindi lo scopo è convincerli?

«Esattamente. Voglio far loro capire che gli indiani che vivono in Italia desiderano che i marò tornino a casa. E per farlo è necessario parlare alle tv e ai quotidiani locali indiani, che sui marò scrivono cose sbagliate. Devo dir loro che si è trattato di un incidente, che i marò non erano su quella petroliera per ammazzare i nostri pescatori e che probabilmente non sono stati nemmeno loro. E che se sono stati loro sicuramente si è trattato di un incidente, un reato al massimo colposo. Se riuscirò a far capire queste cose al popolo indiano, allora anche loro manifesteranno con noi».

È questo che conseguenze avrebbe?

«L’India è la più grande democrazia del mondo, ci sono tanti partiti e fra poco ci saranno le elezioni. Se i marò fossero rilasciati ora, contro la convinzione del popolo, i politici sarebbero puniti dagli elettori. Ecco perché il primo passo è far comprendere al popolo indiano che si è trattato di un incidente. Finché questo non accadrà, le autorità politiche non cambieranno atteggiamento».

Ha fatto bene il governo italiano, nel marzo scorso, a rimandare i marò in India?

«Non sono un esperto di queste cose, ma credo di sì. Se non lo avesse fatto, gli italiani che lavorano in india sarebbero stati penalizzati. Mantenere la parola è stato giusto. Ora però il governo italiano deve farsi sentire dal popolo indiano, fargli capire come sono andati davvero i fatti. Ma non vorrei partire in India da solo».

Con chi vorrebbe andare a manifestare?

«Vorrei che i parenti dei marò, le mogli o chiunque altro, venissero con me, per far sentire la loro voce, per convincere il mio popolo. E poi anche loro scenderanno in piazza per chiedere alle autorità indiane di rilasciarli. I marò vanno liberati, sono in India da due anni, è assurdo tenerli ancora là».

Se Latorre e Girone tornassero in Italia sarebbe tutto più semplice anche per voi che lavorate qui?

«Certo, perché qui gli italiani ci chiedono sempre come mai i loro compatrioti sono trattenuti in India, perché non li rilasciano. Non è bello neanche per noi». (da: iltempo)

 

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Pubblicato da Roby

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